martedì 20 maggio 2014

Maria Dolores Pesce recensisce "Amami, baciami, amami, sposami" su Dramma.it


La solitudine tra la folla, la solitudine nelle relazioni tra esseri umani all'interno delle quali il contatto intimo e profondo, quasi una chimera nel deserto dell'esistenza, è filtrato in infinite mediazioni che ne intercettano, allontanandola, ogni vera profondità.Questa la paradossale sfida della giovane drammaturga del GTC, una Elisabetta Granara che pare avviata ormai ad una maturazione continua e molto poco inaspettata, con questo lavoro ricco di intuizioni non solo narrative ma anche, e direi soprattutto, drammaturgiche.La sfida cioè di recuperare sincerità ed autenticità, psicologiche ed esistenziali, esasperando fino in fondo quelle stesse mediazioni fattesi maschere usa e getta in uno show di illusionismo esistenziale che man mano ci circonda, ci occupa e, ormai quasi inconsapevolmente e subliminalmente, ancora e per fortuna ci preoccupa.Così la ricerca del completamento interiore attraverso la relazione con l'altro, centro di una infinita serie di relazioni che vorrebbero e dovrebbero connotarci nel nostro esistere, e di cui il matrimonio è semplice metafora, una metafora dalle ancora fortissime corrispondenze collettive, è posta all'interno di uno show mediatico, tra i tanti “c'è posta per te” che affollano i palinsesti ed un social network condiviso ma sempre più eterodiretto.Una trama complessa e complicata gestita con abilità e padronanza dalla Granara e dal coautore Alberto Tamburelli, fin dall'apertura della narrazione, intrigante ed illuminante, della solitudine della concorrente di fronte alle lontananze sonore e psicologiche di strane telefonate, quattro per la precisione alla migliore amica, alla sorella, alla madre ad un ex fidanzato.È una delle prove del talk show ovvero di un ben particolare “talent show” in quel grande fratello contemporaneo orfano anche di Orwell, il cui premio è appunto il matrimonio ovvero un marito ancora sconosciuto.La drammaturgia comincia così a rivelarsi, squadernando e scardinando sistematicamente i totem e i luoghi comuni della contemporanea comunicazione, che ha come primo nemico ogni fornitore di senso e datore di significato, totem che man mano, dalla intervista test “quasi” psicologico, alla visita medica ridicolmente eugenetica, si ribaltano nel loro contrario così da smascherarne la essenziale inconsistenza.Metafore, simbologie e riferimenti interni ed esterni si confondono e dunque si sovrappongono senza sconti e senza remissione, coinvolgendo riti e religiosità perdute di cui si tenta un improbabile recupero nella paradossale ultima prova del sogno nascosto o dell'uomo ideale.Elisabetta Granara, protagonista sul palcoscenico oltre che nella scrittura condotta a quattro mani, alla fine risulta vincitrice, ma non solo e non tanto all'interno dell'ironico spettacolo pseudo-televisivo, quanto soprattutto all'interno della concreta messinscena di questo drammetto tra il satirico e l'alienato, cui l'ironia, in particolare nella scrittura scenica, dà la leggerezza sufficiente ad entrare in contatto.È, infatti, questa una drammaturgia che ha la sua forza soprattutto nella messa in scena e nella sua sintassi, mentre la sintassi narrativa ancora segnala qualche ingenuità e forse ancora qualche immaturità ed eccesso di timore di fronte alla possibilità di condurre fino in fondo, e con un po' più di cattiveria anche senza rammentare Thomas Bernhard, le interessanti intuizioni che talora sembrano sfuggire tra le righe di un discorso che vuole troppo farsi capire e anche apprezzare.Con la Granara in scena le compagne di avventura sin dalla creazione del Gruppo, le brave Elisa Occhini e Sara Allevi capaci di ritmare sapientemente mimica e recitazione in armonia con i movimenti della sintassi scenica.I costumi, adeguati e fantasiosi, sono di Pasquale Napolitano, le musiche originali sono di Matteo Casari e Rocco Spigno, le scene di Alessandro Granara.Uno spettacolo che nel suo complesso dà testimonianza di un progresso continuo e di un fermento artistico interessante che ha meritato ed ottenuto un notevole successo, con qualche ovazione, dal numeroso pubblico presente.
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